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PALERMO - “ CCA’ C’E’ SEMPRI
U’ SULI ”
PALERMO - Commedia dall’istinto verace, nasce dalle fragranze pregnanti
l’essenza artistica dell’Autrice. Anna Mauro scrive questa Commedia
cimentandosi per la prima volta con il vernacolo siciliano, impresa non
facile e, proprio per questa ragione, probabilmente per Lei entusiasmante.
E’ risaputo come sia difficile scrivere in dialetto, riuscire a cogliere lo
slang, le intonazioni, le armonie e gli acuti, le dissonanze e le
consistenze lessicali; Anna Mauro ci riesce, realizzando in lingua
palermitana una Farsa di sensi, cuore e anima, dove sono contenute le entità
più profonde della Sicilianità.
Lo spettatore, pertanto, si identifica ed identifica gli attori in
“conoscenze” di vita reale, lo spettatore partecipa, si diverte, è attore
esso stesso perché in scena si rappresenta parte della sua vita,
centellinata in battute, frizzi e lazzi, ma sopratutto in passionalità,
profondità di comprensione e complicità di sviluppo.
Il sipario si apre nell’interno di un cortile di un tipico borgo siciliano,
spazio dell’esistere di fisicità e scambio sociale impulsivo, di colori
vivi, miseria e dignità, luogo di anime solari libere di esprimersi nella
semplicità del proprio habitat dell’essere. E’ un giorno qualsiasi, la
comunità pennella la propria consueta quotidianità con impronte gocciolanti
di esistenza, all’apparenza grama se non, in realtà, assolutamente vibrante
nella corposità degli scambi, vivida nei rapporti, armoniosamente ricca ed
imprevedibile nel contrasto delle variabili individuali. Spettacolo limpido
si riversa nella scena, l’effetto scenico è superbo, i personaggi vivono
nella scena con realismo come quadri d’autori, si denudano le variegate
personalità, giocano, parlano, sproloquiano, intrecciano i caratteri,
confessano sogni con ingenuità, esprimono passionalità con disarmante
pienezza, bisticciano, urlano, si cercano nel bisogno dell’uno e dell’altro,
scintillano in anima di gruppo. Esplicitare i vari passaggi di scena, le
boutade, voci e colori è cosa ben difficile e ardita, non fosse che
qualsiasi descrizione su carta non è in grado di riverberare il formicolio
dei sensi alla visione, lo spettacolo dispiega le tessere in un mosaico
brillante di prosa, motteggi, recitazione, riuscendo a far volteggiare fra
gli spettatori lo spirito più intimo dei “siciliani”.
Lì per lì i protagonisti vengono rapiti dalla novità, reagiscono con euforia
e si sbizzarriscono in numeri esilaranti per sbalordire ulteriormente
l’”estraneo”, al momento della decisione finale, tuttavia, rifiutano con
fierezza di essere estirpati dalla Sicilia, troppi i precedenti storici, le
umiliazioni subite dagli emigranti “Ni trattano comu fussimu babbaluci, ni
sucanu a vita e ni scippanu ru guscio”; il regista insiste promettendo una
vita agiata, lontana dalla miseria di quei luoghi, ma le radici sono troppo
profonde e anche se la terra a volte risulta arida di prospettive, discinta
di opportunità, le zolle irrorano passione e il sole riscalda l’anima di
allegria per poterne fare a meno - “Cca c’è sempri u suli” - e mandano a
quel paese Ambrogio. La commedia riserva un ultimo colpo di scena che,
naturalmente, ometto con l’invito di andare a vedere le prossime repliche
della Farsa per soddisfare la curiosità. |
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