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MUSICA

15 novembre 2007

PALERMO - Mozart e il suo Requiem, nella Basilica di San Francesco d'Assisi
Quando l’Uomo assurge verso l’Eterno

di Aldo Reina

 

PALERMO - La sera del 27 Ottobre, all’interno della suggestiva Basilica di S. Francesco d’Assisi, in Palermo, assisto al Requiem in re minore K626 di W.A. Mozart.
Il concerto è tenuto dall’Orchestra e Coro dell’Accademia Musicale “Ars Antique”, costituita prevalentemente da giovani e valenti musicisti, diretta da Lyuter Robert, con Alfiya Karimova (soprano), Teresa Ferlisi (mezzosoprano), Vincenzo Lisi (tenore) e Yamil Abdulmanov (basso), nell’ambito di un prezioso scambio culturale italo-russo.

Per l’ennesima volta mi accingo ad ascoltare l’ultima composizione del “magico” Maestro. Gli orchestrali ed il coro sono disposti nella parte inferiore dell’altare maggiore ed è quanto mai strano notare brandelli di luce che si staccano dal sacro palcoscenico, illuminato a giorno, per proiettarsi impercettibilmente lungo la navata centrale, animando il mistero allegorico delle portentose statue del Serpotta. L’atmosfera è talmente empatica all’evento che non riesco a sopprimere l’intima agitazione che in genere abbranca lo spirito nelle rare volte che ci si affranca dai limitati confini dell’immanente e si avvertono percezioni di trascendenza. Il pubblico è numeroso, composto e riflessivo: evidentemente le sensazioni di un qualcosa di soprannaturale aleggia nell’aria e le suggestioni sono unanimemente condivise.

E’ notorio come il Requiem di Mozart sia stato, sin dal suo concepimento, terreno fertile delle più gratuite e spinose supposizioni (oggi diremmo gossip), basti pensare alla copiosa anedottica montata ad arte nel tempo.
L’opera è legata alla controversa vicenda della prematura morte di Mozart e già Stendhal, nella “Vite di Haydn, Mozart e Metastasio”, scrive di un misterioso committente che, dietro compenso di cinquanta ducati, incarica Mozart di comporre il Requiem in appena quattro settimane.
Il grande compositore, essenza e archetipo di genio e sregolatezza, in quel periodo della sua vita era caduto in miseria e versava in gravi condizioni di salute (alcuni storici affermano che era affetto da sifilide), pertanto la singolare maniera con la quale la richiesta fu esitata gli arrecò non poco malessere. Lo strano personaggio, infatti, gli si presentò avvolto in un mantello nero, nascondendo la propria identità dietro una maschera terrificante. Mozart ne fu profondamente colpito. A cagione della malattia e della febbre alta era inchiodato in un letto e in quella apparizione intravide addirittura la propria morte: una sorta di premonizione raccapricciante. Tuttavia, non potendo rinunciare alla munifica offerta, cominciò convulsamente a trascrivere le prime note dell’opera, con la consapevolezza e la paura di approssimarsi alla morte. Il suo stato d’animo può comprendersi nell’affermazione che gli storici gli attribuiscono “"Sto componendo questo Requiem per me stesso; servirà per il mio funerale".
Le più fantasiose voci insistono ancora oggi nel blaterare che fu il maestro Salieri ad ordinare il Requiem, roso dall’invidia per il prestigio e la popolarità di Mozart e nell’intento di accaparrarsi l’opera. Questa tesi, peraltro, fu sostenuta da un’ampia letteratura, a cominciare da Puskin che nel suo racconto “Mozart e Salieri” recepisce e amplia voci e calunnie, per continuare con Peter Shaffer con il suo dramma “Amadeus”, per finire con il regista Milos Forman, che in tempi recenti ha conquistato un oscar con il bellissimo film “Amadeus”, trasposizione cinematografica del dramma di Shaffer.
In realtà Salieri non ha avuto niente a che fare con la morte di Mozart, è ormai acclarato che il committente mascherato altro non era che un nobilotto con smanie musicali (Franz Walsegg-Stupparch), il quale ordinò il Requiem per rubare la paternità dell’opera e farne dono alla defunta moglie. Inoltre, inoppugnabili fonti storiche del tempo testimoniano che Salieri fu un insigne musicista, un compositore innovativo e, soprattutto, un grande maestro. Basti pensare che fra i suoi allievi si annoverano lo stesso Mozart, il grande Beethoven, che dedicò al suo maestro addirittura tre sonate con tanto di dedica, quindi Schubert, Lizt e tanti altri artisti dell’epoca. Salieri fu indubbiamente un grande musicista, se è vero che in molte composizioni dei suoi allievi si riscontrano i suoi insegnamenti, tanto che nello stesso Requiem di Mozart molti critici ascrivono l’architettura della parte corale al suo magistero. Qualcuno ha detto “Se Salieri non ha ucciso Mozart, di sicuro Puškin ha ucciso Salieri”, quanto di vero racchiude questo pensiero. Per tutto ciò sembra quanto meno doveroso rivalutare, dopo tante infamanti menzogne, la dignità di Salieri: se non come musicista, almeno come uomo.
Purtroppo Mozart non ebbe il tempo di completare il suo Requiem, morì anzitempo di febbre ed insufficienza renale e il Requiem fu concluso dai suoi allievi. Mozart non ebbe pace nemmeno nella morte, fu miseramente seppellito in una fossa comune, infangato in una pioggia d’indifferenza. Del suo corpo non si è trovata traccia, riposa nell’oblio, e tuttavia, gaudio magno, il suo genio musicale è arrivato fino a noi e le sue opere ci deliziano perennemente come un dono divino.

Inizia il concerto. Se permettete vi espongo le mie personali sensazioni all’ascolto di alcuni brani. Sono “impressioni” che non hanno velleità di critica, piuttosto mere emozioni: una semplice testimonianza della grandezza di Mozart.
Introduzione: Requiem aeternam.
Comincia lenta con sussurri di dolce melodia, poi uno stacco musicale è tutto cambia. Il coro lacera la labile serenità iniziale per immergersi in un linguaggio evocativo. Un cambio di tono e il coro sibila una soave prospettiva dove il soprano echeggia il racconto con note melodiose, quanto dolorose. La voce del destino canta la vita e mestamene avvia alla morte. Le voci del coro s’intersecano sommessamente invocando l’eterno riposo. Il ritmo lento e solenne sembra seguire un’anima fra le anime, arriva in profondità e in cima, tutto viene compreso, cori e richiami ultraterreni denudano lo spirito fuggevole e pietoso dell’uomo mentre uno stupendo crescendo armonico lo disperde verso l’ignoto, anelando la misericordia della luce perpetua.
Kirye: Una lotta fra l’uomo e il destino. Il ritmo è costante, sibillino, la melodia penetrante, carica di mestizia, emerge il destino: l’uomo soccombe all’ineluttabile.
Dies irae: Dall’abisso salgono i profondi toni del basso, poi, improvvisamente, il tenore squarcia gli indugi terreni ed eleva una preghiera, una preghiera che scongiura il perdono nel giorno dell’ira e del giudizio. Il mezzosoprano con voce calda riprende la melodia e il soprano accentua i toni salmodiando dolcezza e tristezza. La musica fonde le quattro voci e l’orchestra estende l’armonia evidenziando il pathos.

Il concerto prosegue con ineffabile drammaticità e stupore evocativo, il genio e la profonda umanità di Mozart sembrano concentrati in ogni singolo brano del Requiem fino alla sublimazione dei celeberrimi Confutatis e Lacrimosa.

Ottima la direzione di Lyuter Robert, riesce ad esaltare lo spirito romantico dell’opera in perfetto equilibrio con l’armonia classica costantemente presente nell’opera. Esemplare l’esecuzione dell’orchestra e del coro, rimarchevole la performance del soprano Alfiya Karimova, voce calda e limpida, affascinante all’ascolto .

In fondo basta un piccolo sforzo, una scintilla d’immaginazione, per lasciarsi trasportare dalle note del Requiem nell’universo delle emozioni possibili. Un viaggio fulmineo e temporaneo che conduce fra la beatitudine dei cieli e gli abissi della dannazione, esaltando la gamma infinita di sensazioni frapposte fra la gioia e il dolore, attraverso la sottile e ondeggiante linea degli orizzonti dell’uomo.
Il linguaggio divinamente assoluto della musica di Mozart.





 

 

 

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