TURISMO A MODO MIO - L'altra dimensione della Ville Lumière
di Sebastiano mangiameli
PARIGI - Una vacanza, anche breve, viene gustata di
più quando non sei assillato dalla smania di vedere, quando
non devi fare il turista fino allo sfinimento. Per questo
motivo devi tornare più volte a visitare i luoghi che ti
sono piaciuti di più: l’ennesima volta non sentirai più la
necessità di vedere chiese, monumenti e musei; non dovrai
per forza scattare cento fotografie, non dovrai bearti di
vedute arcinote. Sono tornato a Parigi ancora una volta con la precisa
intenzione di non fare nulla per tre giorni, per passeggiare
cioè nelle strade senza neppure l’ombra di un quadro da
guardare per poterne parlare al mio ritorno. Per questo
Notre Dame e la Tour Eiffel resteranno assenti
dal resoconto. Potrò raccontare che non basta varcare i
confini nazionali per incontrare un nuovo mondo, ma che,
invece, il mondo è uguale dappertutto-
Magra consolazione. Parigi è bellissima, ma questo va da sé. Se a questo
si aggiunge il dono di tre magnifiche giornate di sole
caldissimo, credo non si possa desiderare altro.
Sabato 30 maggio in tarda serata ero nel mio solito albergo
nella zona dei boulevards, a distanza strategica dall’Opera
e dal Museo del Louvre, quello del Codice da Vinci –
ora non si può fare a meno di ricordarlo. L’hotel non è granché, mi basta che si trovi in zona
animata, ma non caotica, centrale, ma non nevralgica. Alla
reception compassati impiegati in abito scuro. La colazione
è dignitosa (in un viaggio la colazione è di importanza
strategica), ma non del tutto appagante.
Poi in giro. A piedi, senza sperimentare la metropolitana
parigina, le cui fermate hanno ancora le insegne
inconfondibili di inizio secolo scorso.
Giù, spedito verso Le Tuileries, tra il Palais du
Louvre e Rue de Rivoli. Meta classica, ma non
immancabile, questi giardini furono voluti da Caterina de’
Medici e disegnati sull’impronta dei giardini all’italiana. Qui si trova l’Arc du Carrousel, il più piccolo dei
tre archi, quelli che formano la famosa prospettiva che si
snoda fino al recente arco della Défense, passando per
l’Arco di trionfo. Tutti i parchi delle grandi città sono
uguali. Mamme e bambini, turisti, anche giapponesi, vecchi
pensionati, gruppi di scolari in visita. Atmosfera quieta ed
espressioni soddisfatte della gente che gode di quei momenti
di relax. L’indomani i giardini du Luxembourg, nel Quartiere
latino. Qui è la sede del Senato francese, nelle
vicinanze di una grande vasca circolare dove alcuni
appassionati fanno scivolare silenziosi battelli
telecomandati, suscitando l’entusiasmo innocente dei
bambini e non solo di essi. Poco distante, una fontana
ornata di statue nelle cui acque nuotano placidi pesci,
sotto lo sguardo curioso di alcuni anatroccoli. Il terzo giorno Les Champs Elysées. Giusto una
capatina alla Virgin per comprare il doppio album di Eric
Clapton e Steve Winwood dal vivo al Madison Square Garden di
New York. Acquistarlo vuol dire fissare un ricordo nella
memoria, nulla di più. Alcuni, non molti anni fa, proprio in
questo negozio musicale mi fu detto che era stata decretata
la fine del disco in vinile a tutto vantaggio dei compact
disc. Oggi, invece, noto che i trentatré giri in vinile sono
tornati, anzi sono addirittura ricercati. A pranzo, oggi, perché sia ben augurante ed in tema
con la mia scelta musicale, un panino vegetariano all’Hard
Rock Café di Boulevard Montmartre. All’aperto, come
fosse un bistrot, seduto innanzi alla gente che passa, con
una birra e tanta beatitudine in petto. In fondo, ci vuole
poco. Non parlerò degli altezzosi camerieri delle
brasseries, quelli che ti guardano senza nascondere fastidio
e disgusto per il solo fatto che esisti. Non dirò dei grandi
magazzini, quasi tutti in ristrutturazione, né della crisi
(anche qui esiste, ma si nota meno perché Parigi è una delle
capitali del mondo a fortissima connotazione turistica.
Non posso invece fare a meno di guardare per strada e
scorgere clochards e zingari, moto posteggiate sui
marciapiedi e pedoni che attraversano quando non dovrebbero.
Questo mi rassicura e mi conforta: è come da noi. Il ritorno
a casa non provocherà grandi scompensi. Poi l’aeroporto Charles De Gaulle, all’esterno del
quale sono ancora visibili i furgoni delle varie emittenti
televisive accorse a causa del disastro dell’Air bus 330,
caduto il primo giugno a più di mille chilometri dalla costa
settentrionale del Brasile, lasciando molti dubbi sulle
cause del disastro e nessun superstite. Come nove anni addietro, a Londra quando ad Heathrow
andò in fumo un Concorde e d’un colpo venne chiusa la lunga
stagione di quel tipo di aereo.
Ma quello fu un altro viaggio. Ed un’altra storia.
Quindi l’arrivo a Roma, tappa intermedia. A Fiumicino non è raro incontrare concittadini che
partono e che tornano. E’ una specie di piattaforma che si
allunga verso il mondo, dove non puoi fare a meno di
ritrovarti, prima o poi, se intendi allontanarti dalla
periferia dell’impero in cui vivi.
Infine, il momento in assoluto più bello dei viaggi: il
ritorno a casa. E qui potrai restare solo, arricchito dai
ricordi che hai sapientemente costruito fino al giorno
prima.